Avevo tre anni quando ho detto per la prima volta: “Mamma da grande farò la dottoressa degli animali” o così mi è stato detto.
Ho sempre immaginato che l’amore per gli animali fosse innato. Quando sono rimasta incinta, dopo lo scombussolamento iniziale, ho cercato da subito di mettere a frutto le mie conoscenze: come la letteratura insegna, attraverso la pancia della mamma, i bambini possono ricevere i primi stimoli e così, quando tutte le mamme rilassate, in quel magico periodo chiamato “attesa”, si dilettano a far ascoltare ai loro pargoli dolci sinfonie di musica classica per rilassarli, io barcamenandomi tra libri e lezioni di educazione cinofila, immaginavo di impartirle nozioni di anatomia e il concetto, a me tanto caro, del rispetto verso gli animali. Del resto, crescendo con il dolce suono dell’abbaiare dei miei cani, zampate sulla panza o gatti che si apprestavano a massaggiarmi come se fossi una pagnotta da infornare, come poteva la creaturina che avevo in grembo, non essere coinvolta da questo mondo almeno quanto lo sono io?
Mi sbagliavo.